giovedì 1 novembre 2018


Felicità raggiuta Eugenio Montale

Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.



Parafrasi

Felicità raggiunta, si cammina
per te sul filo del rasoio. (si rischia continuamente di perderti)
Agli occhi sei una
debole luce che può spegnersi,
al piede,
una latra di ghiaccio
che sta per rompersi;
e dunque non ti tocchi chi più ti ama.

Se giungi sulle anime invase di tristezza e
le illumini, la tua nascita
è dolce e ti commuove
come i nidi sotto i cornicioni.
Ma nulla
può compensare il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.

lunedì 1 ottobre 2018

Un po’ di storia

C’era una volta la pecorella Sofia, la più bella di tutto il gregge che faceva strage di cuori a ogni passo. Peccato che per lei nessun ammiratore fosse all’altezza: uno era troppo magro, l’altro troppo peloso, l’altro ancora troppo basso. La realtà era che Sofia aveva letteralmente perso la testa per un lupo. Un lupo! Vi rendete conto che vuol dire per una pecora amare un lupo? E come tutti gli amori difficili anche questo faceva fantasticare la pecorella, convinta di riuscire con le sue grazie a far diventare buono il lupo. E’ un classico di chi è innamorato illudersi di avere il potere di cambiare l’altro.

In un primo momento il Lupo Alberto rimane affascinato dalla bella pecorella

E decide di non mangiare più nessun animale per non farle torto. I due diventano amici del cuore, ma mentre passano i giorni, il lupo diventa sempre più buono e cambia la sua natura e il suo aspetto. E a Sofia comincia a non piacere più, tanto che corre a cercarsi un vero lupo cattivo. Peccato che il lupo cattivo se la divora in sol boccone, mentre il povero Alberto resta nel bosco col cuore spezzato, finché non decide di reagire e di offrirsi al pastore per sorvegliare il suo gregge. Alberto è il primo cane-lupo della storia.

Cosa c’è da imparare

E’ una favola che ci insegna a riconoscere gli abbagli dai veri sentimenti. E nello stesso tempo ci mette in guardia dalla volontà di cambiare la natura delle persone.

martedì 11 settembre 2018

Il vento e il sole
Esopo


Un giorno il vento e il sole cominciarono a litigare.
Il vento sosteneva di essere il più forte e a sua volta il sole diceva di essere la forza più grande della terra.
Alla fine decisero di fare una prova.
Videro un viandante che stava camminando lungo un sentiero e decisero che il più forte di loro sarebbe stato colui che sarebbe riuscito a togliergli i vestiti .
Il vento, così, si mise all'opera : cominciò a soffiare ,e soffiare , ma il risultato fu che il viandante si avvolgeva sempre più nel mantello.
Il vento allora soffiò con più forza , e l'uomo chinando la testa si avvolse un sciarpa intorno al collo.
Fu quindi la volta del sole, che cacciando via le nubi, cominciò a splendere tiepidamente.
L'uomo che era arrivato nelle prossimità di un ponte , cominciò pian piano a togliersi il mantello.
Il sole molto soddisfatto intensificò il calore dei suoi raggi , fino a farli diventare incandescenti.
L'uomo rosso per il gran caldo, guardò le acque del fiume e senza esitare si tuffò .
Il sole alto nel cielo rideva e rideva!!
Il vento deluso e vinto si nascose in un luogo lontano.

favola Esopo


ALDA MERINI I POETI LAVORANO DI NOTTE

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

lunedì 10 settembre 2018

L'ASINO SELVATICO E L'ASINO DOMESTICO.
da Esopo


C'era una volta un simpatico asinello selvatico che trascorreva le sue giornate in libertà, passeggiando per i campi e mangiando il cibo che trovava. Durante uno dei suoi giri quotidiani ebbe modo di vedere un suo simile, dall'aspetto sano e robusto, che brucava l'erba in un grande prato cintato da un'alta staccionata di legno. Esso, osservando l'animale domestico, pensò: "Che bella vita! Lui sì che sta bene: é spensierato, senza problemi e con il cibo a volontà". In effetti l'altro asino sembrava proprio fortunato: gli venivano serviti due pasti abbondanti al giorno, riposava in una stalla bene attrezzata ed aveva un pascolo meraviglioso a sua disposizione.

L'asino selvatico, invece, doveva accontentarsi dei miseri sterpi che riusciva a trovare ai margini della strada, perché i prati ricoperti di erbetta fresca erano tutti privati. Ogni tanto, il povero asinello appoggiava il muso sulla cima della staccionata e, guardando l'altro, lo invidiava da morire.

Un giorno, pero, il giovane asinello, girovagando tranquillo, incontrò sulla via, un animale talmente sovraccarico di legna, sacchi di grano ed altro da non essere in grado di capire di che bestia si trattasse. Quando questa, per reagire ad una violenta frustata del suo padrone, tirò un calcio e alzò il muso, lo riconobbe: era l'asino domestico che fino a quel giorno aveva tanto invidiato! "Eh, caro mio," gli gridò affiancandosi a lui "a questo prezzo non farei mai cambio con te. Nessuno mi comanda, io sono libero e leggero come una libellula. Se poi non mangio bene come te, meglio, mi mantengo in linea. E per sopravvivere mi arrangio". Dopo quell'incontro l'asino selvatico non provò più alcuna invidia per il suo simile.

Esopo

E' meglio possedere poco vivendo felici piuttosto che avere la ricchezza a costo di tante sofferenze.

sabato 8 settembre 2018

LA ZANZARA E IL LEONE
Favole Esopo


C'era una piccola zanzara assai furba e spavalda. Stanca di giocare con le solite amiche, decise un giorno, di lanciare una sfida al Re della foresta. Si presentò così davanti al sovrano che era il leone e lo salutò con un rispettoso inchino. Il grande Re che era intento a schiacciare uno dei suoi pisolini più belli lungo la riva di un fiume, lanciò una distratta occhiata all'insetto. "Oh! Buongiorno".

Rispose Sua Maestà spalancando la bocca in un possente sbadiglio.
La zanzara disse: "Sire, sono giunta davanti a Voi per lanciarvi una sfida!" Il leone, un po' più interessato, si risvegliò completamente e si mise ad ascoltare.

'Voi " continuò l'insetto "credete di essere il più forte degli animali eppure io dico che se facessimo un duello riuscirei a sconfiggervi!" Il Sovrano divertito disse: "Ebbene se sei tanto sicura,proviamo!" In men che non si dica il piazzale si riempì di animali d'ogni genere desiderosi di assistere alla sfida. Il " Singolar Tenzone" ebbe inizio. L'insetto andò immediatamente a posarsi sul largo naso dell'avversario cominciando a pungerlo a più non posso. Il povero leone preso alla sprovvista tentò con le sue enormi zampe di scacciare la zanzara ma, invece di eliminarla, egli non fece altro che graffiarsi il naso con i suoi stessi artigli. Estenuato, il Re della foresta, si gettò a terra sconfitto. Così, la piccola zanzara fu acclamata da tutti i presenti. Levandosi in volo colma di gioia, la zanzara non si accorse però della tela di un ragno tessuta tra due rami e andò ad imprigionarvisi proprio contro. Intrappolato in quell'infida ragnatela l'insetto scoppiò in lacrime, consapevole del pericolo che stava correndo. Fortunatamente il leone, che aveva assistito alla scena, con una zampata distrusse la tela e liberò la piccolina dicendo:

"Eccoti salvata mia cara amica. Ricordati che esiste sempre qualcuno più forte di te! E questo me lo hai insegnato proprio tu!" La zanzara, da quel giorno imparò a tenere un po' a freno la propria spavalderia.

Le persone troppo sicure di sé riescono, a volte, a superare gli ostacoli più grossi ma inciampano spesso nelle difficoltà più piccole.

favola Esopo


sabato 1 settembre 2018

LA VOLPE CON LA PANCIA PIENA
Esopo.


L'inverno era ormai alle porte. Gli alberi privi di foglie non offrivano più alcun riparo ed i piccoli animali si erano già preparati ad affrontare il freddo. Una giovane volpe vagava solitaria in cerca di un po' di cibo con il quale placare quella fame terribile che l'aveva colpita. Erano molti giorni che non mangiava. Le sue abituali prede si erano rifugiate in caldi ripari nutrendosi con le scorte alimentari raccolte durante l'estate ed era impossibile stanarli. Così, il povero animale camminava sconsolato pensando che la fame era veramente una brutta nemica. All'improvviso, un profumo delizioso le stuzzicò le narici. La volpe si avvicinò al punto da cui si propagava l'inaspettata fragranza e finalmente vide un enorme pezzo d'arrosto premurosamente sistemato nell'incavo di una quercia. Sicuramente era il pranzo dimenticato da qualche pastore.

L'animale si intrufolò nella cavità della pianta, riuscendo ad entrarvi con molta fatica.

Quando si trovò all'interno del buco poté placare la propria irresistibile fame, divorando la carne in un boccone. Trascorsi alcuni minuti, la volpe con la pancia spaventosamente piena, decise di uscire dall'incavo per tornare all'aperto. Ma appena tentò di oltrepassare il buco dal quale era entrata scoprì di non essere più in grado di superarlo! Aveva mangiato troppo ed era diventata molto più grossa rispetto a prima. Spaventatissima si sforzò cosi tanto per uscire che alla fine rimase irreparabilmente incastrata nella fenditura!

Lo sfortunato animale iniziò a gridare finché una seconda volpe passando la vide e saputo quanto accaduto disse: "E' inutile strillare. Avresti dovuto avere pazienza ed aspettare tranquilla all'interno della pianta fino a quando la tua pancia non diminuiva. Invece l'impulsività ti ha ridotto in questa condizione e dovrai comunque aspettare finché non smaltirai ciò che hai mangiato". Così, la povera volpe rimase incastrata nella cavità per più di un giorno, rimpiangendo il calduccio che avrebbe trovato se avesse aspettato paziente all'interno della quercia.

La pazienza e il tempo sono degli ottimi alleati per affrontare qualsiasi difficoltà

favola Esopo

mercoledì 29 agosto 2018

Il leone e il topo
(Esopo e le sue favole)
Mentre un leone dormiva in un bosco, topi di campagna facevano baldoria. Uno di loro, senza accorgersene, nel correre si buttò su quel corpo sdraiato. Povero disgraziato! Il leone con un rapido balzo lo afferrò, deciso a sbranarlo. Il topo supplicò clemenza: in cambio della libertà, gli sarebbe stato riconoscente per tutta la vita. Il re della foresta scoppiò a ridere e lo lasciò andare.
Passarono pochi giorni ed egli ebbe salva la vita proprio per la riconoscenza del piccolo topo. Cadde, infatti, nella trappola dei cacciatori e fu legato al tronco di un albero. Il topo udì i suoi ruggiti di lamento, accorse in suo aiuto e, da esperto, si mise a rodere la corda. Dopo averlo restituito alla libertà, gli disse:
- Tempo fa hai riso di me perché credevi di non poter ricevere la ricompensa del bene che mi hai fatto. Ora sai che anche noi, piccoli e deboli topi, possiamo essere utili ai grandi.
da Esopo

domenica 12 agosto 2018

baciami
“Se tu smettessi di baciarmi
Credo che morirei soffocata
Hai quindici anni ne ho quindici anch’io
In due ne abbiamo trenta
A trent’anni non si è più ragazzi
Abbiamo l’età per lavorare
Avremo pure diritto di baciarci
Più tardi sarà troppo tardi
La nostra vita è ora
Baciami!”
di Jacques Prévert, Baciami
La pubblico perché è semplice, diretta al cuore e dona leggerezza. insomma è la sintesi di ciò che secondo me la poesia dovrebbe donare.
1) 919, di Emily Dickinson
Se io potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.
Una poesia molto bella che fa riscoprire che sono i piccoli gesti a migliorare la vita di un altro essente e che aiutando gli altri non facciamo che arricchirci
buongiorno a tutti

Dialogo tra una bimba e un passante
Se vi piace questa poesia ringraziate Nonna Giuse (9 ottobre 2007) e Monica (27 ottobre 2007).
“Che fai bambina mia su quella porta
guardando da lontan per quella via?”
Ah, sapessi, quando la fu morta
se la portaron via di là la mamma mia
e mi hanno detto che di là deve tornare
e son quì da tanti anni ad aspettare!
“Cara bambina mia ma tu non sai
che i morti al mondo non ritornan mai?”
Tornano nel vaso i fiorellini miei,
tornan le stelle, tornerà anche lei!

questa è una poesia che voglio pubblicare per dare il messaggio che l'amore supera anche la morte.

Non ho smesso di pensarti,
vorrei tanto dirtelo.
Vorrei scriverti che mi piacerebbe tornare,
che mi manchi
e che ti penso.
Ma non ti cerco.
Non ti scrivo neppure ciao.
Non so come stai.
E mi manca saperlo.
Hai progetti?
Hai sorriso oggi?
Cos’hai sognato?
Esci?
Dove vai?
Hai dei sogni?
Hai mangiato?
Mi piacerebbe riuscire a cercarti.
Ma non ne ho la forza.
E neanche tu ne hai.
Ed allora restiamo ad aspettarci invano.
E pensiamoci.
E ricordami.
E ricordati che ti penso,
che non lo sai ma ti vivo ogni giorno,
che scrivo di te.
E ricordati che cercare e pensare son due cose diverse.
Ed io ti penso
ma non ti cerco.

Charles Bukowski
il poeta ripensa a una persona importate della sua vita. Avrebbe molte domande da porte e nel suo cuore vorrebbe farlo a un grande desiderio di avere sue notizie vorrebbe sentirla sapere come sta le manca e "glielo deve" infatti questa persona per lui è talmente importate da riempire le giornate pur non essendoci più " non lo sai ma ti vivo ogni giorno,/che scrivo di te." ma non ha la forza di cercarla non ha la forza di mettere da parte ciò che gli impedisce di cercarla. Così, rimane in un apparente immobilismo "non ti cerco" ma la pensa e il pensiero potrebbe sempre raggiungerla perché niente e nessuno può fermarlo "E ricordati che cercare e pensare son due cose diverse"

sabato 14 luglio 2018

cercherò di pubblicare una storia al giorno sempre mia 

primo giorno  

😊
obbiettivo 30 storie
💓

12 (Costanza Vecchione) 


Una bambina, un giorno, chiese in regalo alla mamma e al papà un cane. La mamma e il papà le dissero che era troppo presto e che doveva prima imparare tutto sui cani. La mamma e il papà speravano di scoraggiarla ma la bambina imparò ogni cosa. I suoi genitori furono sorpresi nel constatare che sapeva tutto e non poterono fare altro che mantenere la loro promessa. Così, un pomeriggio la mamma la portò al negozio di animali. Entrarono tutte e due insieme e videro i miei bellissimi amici: un piccolo beagle e un piccolo yorkshire. Non si erano accorte di me. Io vedevo la bambina che correva dietro al mio amico beagle ma lui non era particolarmente felice e abbaiava così “tutti mi cercano, tutti mi vogliono: donne, ragazze, vecchie e fanciulli. Sono il cane più desiderato della città!”.  Anche il mio amico yorkshire era molto desiderato. Tutti e due avevano già un padrone ma la bambina questo lo ignorava.

Io le stavo proprio attaccata alle caviglie ma lei non mi aveva vista, impegnata com’era a inseguire i miei amici che non si facevano raggiungere né prendere in braccio. A un certo punto, la commessa del negozio vide la bambina e le iniziò a parlare “in cosa ti posso essere utile?”

“vorrei un cagnolino” disse la bambina.

“ok, ma lo yorkshire e il beagle sono stati già comprati” le rispose la commessa.

La bambina aveva un’espressione un pochino triste sul volto ma poi chiese, rallegrandosi, “si può avere comunque un cucciolo di beagle?”

“certamente-disse la commessa e poi aggiunse- comunque c’è anche un’altra cagnolina…ora non la vedo… non l’ha comprata nessuno-poi la commessa mi vide- ecco l’ho vista, è dietro di te”

E la bambina si girò e per la prima volta mi vide. Io, incoraggiata dal suo sguardo, le scodinzolai e lei mi prese tra le braccia e mi abbracciò delicatamente. Io ero contentissima di sentire il calore di un così delicato abbraccio. lo abbaiavo con le lacrime agli occhi. Quello è stato il mio primo abbraccio, è stato un bellissimo primo abbraccio. Mi ero completamente abbatuffolata fra le sue calde braccia: per me era già la mia padroncina.

Ero sicura che lei ricambiasse. Già sognavo la mia nuova casa, la volevo grande e con un bel giardino dove correre e dove poter sfoggiare le mie doti canore. Ho sempre saputo di essere un soprano: il mio modo di abbaiare è troppo signorile. Sognavo una cuccetta calda e soffice per l’inverno da mordicchiare tutta e perché no qualche bell’ossetto da mordere… insomma ero entrata già nel mondo dei sogni e non stavo prestando attenzione e, se non fosse stato per la parola “mamma”, non le avrei più ascoltate: stavano parlando della mia mamma e lei mi mancava tanto.

La commessa diceva “la sua mamma non l’ha voluta e le ha fatto una cicatrice sul musetto”

Ora la bambina mi accarezzava il musino e scostava la mia pelliccia bionda e lunga per cercare la mia piccola cicatrice rosa, poi me la accarezzava. Mi faceva ancora male ma ne approfittai per leccarle un dito. La mia padroncina già mi piaceva. Ora mi scrutava le zampette e mi faceva un sorrisino. Poi, guardava la sua mamma: stavano decidendo di prendermi. La felicità mi cresceva nel cuore.

Ora la commessa chiedeva alla bambina “allora la prendi?”

“NO!” disse la bambina.

E io pensai incredula “cosa? Ti ho dato il mio primo abbraccio! No, non puoi dirmi che per te non ha significato nulla. Pensaci! Dai io ho tante qualità: sono una cagnolina immagine. Con me farai bella figura quando mi porterai nel cestello della bici. Sono agile, bionda, coccolona! Farò la guardia a casa e uscirò da sola quando non potrai portarmi in giro. Mi comporterò bene, promesso! Non lasciarmi per favore, suvvia… ma in verità avevo esaurito le idee: in fondo lo sapevo che non c’era un vero motivo per cui dovesse scegliere me. Anche gli altri cani erano belli”. La guardai negli occhi. Ero fiduciosa (ero tenera in fondo, no?) ma il suo sguardo mi sembrò irremovibile e così abbassai gli occhi un po’ delusa. Il mio cuore di cane si era infranto come un vaso di cristallo. Le diedi un’ultima leccatina per ricordo: ero già pronta a scendere dalle sue braccia con la coda bassa, quando lei disse:

“No, non la prendo oggi ma fra una settimana” io pensai “è proprio simpatica, c’ero quasi cascata”


domenica 8 luglio 2018


11 è sempre mia 

Elefanzucca

L’artigiano Lorenzo decise che, per halloween, doveva fare un giocattolo originale: non il solito fantasma, la strega o lo scheletro. Così, lavorò per qualche giorno. Voleva creare un giocattolo unico: dopo tre giorni, ne uscì fuori una zucca che somigliava a un elefante o anche un elefante che somigliava ad una zucca.

Lorenzo lo chiamò: Elefanzucca, un nome poco originale, ma carino. Elefanzucca era di un bell’arancione simile a un’arancia, con orecchie verdi lucide, occhi triangolari come le zucche e una lunga proboscide. Lo espose in vetrina assieme ad altri giocattoli. Ma, mentre gli altri giocattoli facevano paura e i bambini li guardavano, Elefanzucca era troppo carino e tenero e i bambini lo ignoravano tutti ed Elefanzucca ne soffriva.

Un giorno, passò vicino alla vetrina la piccola Benedetta che osservò anche lei la vetrina del negozio, attirata dai colori. Fu così che vide Elafanzucca e si mise a ridere. Era felice di vederlo: le sembrava proprio simpatico e sorrise guardandolo.

Elefanzucca se ne accorse e ricambiò il sorriso. Da quel giorno, Benedetta passava tutti i giorni a vedere Elefanzucca e gli sorrideva. Elefanzucca ricambiava. I due erano ormai amici.

Una mattina, però, un bambino entrò nel negozio e urtò Elefanzucca che cadde e si ruppe la proboscide.

Elefanzucca ora, senza proboscide, faceva paura. Tutti i bambini lo guardavano: era diventato il giocattolo più terrificante di tutti. Elefanzucca era felice di piacere a tutti i bambini.

Infine, come tutti i giorni, passò Benedetta che vide Elefanzucca senza proboscide: non sorrise ma pianse per la paura.

Elefanzucca soffrì perché la sua amica ora lo guardava in modo diverso. Aveva paura di lui. Così, si guardò allo specchio e si spaventò vedendo il suo riflesso. Decise, quindi, di porre rimedio.

Guardò tutti i giocattoli attorno a lui per vedere se qualcuno aveva un naso bello: lo scheletro e il fantasma non avevano nessun naso, la strega uno troppo lungo e con un porro, non andava bene.

Così, guardò indietro tra i giocattoli che non erano esposti in vetrina. Scorse il pagliaccio col suo naso rosso e quel naso gli piacque. Cercò per vedere se ce ne fossero altri e ne vide una cesta piena. Così, decise di prenderne uno e se lo mise.

Il giorno dopo, i bambini che passavano, ridevano nel vederlo. Era diventato proprio buffo con il naso rosso. Passò anche Benedetta e vide Elefanzucca con il naso da pagliaccio e scoppiò a ridere anche lei. Infine, prese la mano della mamma e le disse “Mamma puoi comprarmi, per favore, quell’elefante?”

martedì 3 luglio 2018

ho scritto una storia in rima per ridere di me
14
Mangiata

C’era una volta una crepe salata che desiderava essere mangiata. Non aveva dentro la nutella ma prosciutto e mozzarella. Lei si sentiva saporita e bella ma nessuno dei clienti, che per strada si fermavano ed entravano nella creperia, la voleva. Preferivano la crepe alla nutella con sopra la farina di cocco calda e fumante assieme a un bicchiere di coca cola fredda e frizzante. Tutte le sue sorelle scomparivano velocemente fra le mani dei bambini che le mangiavano voracemente. Lei, invece, rimaneva sempre lì come se, fosse giusto così. Tramontò il sole e la crepe rimase lì anche di sera. Sempre più bambini chiedevano le crepe ma nessuno domandò quella salata. Così, infine, il cuoco che l’aveva creata disse “ho fatto proprio un pessimo esperimento, la butterò!” e il suo tono non aveva cedimento.
Ma in quell’esatto momento entrò nella creperia un critico gastronomico che si avvicinò alla crepe salata e disse:” non l’ho mai assaggiata”
Il cuoco subito la riscaldò e il critico la mangiò.
Riguardo alla recensione che ne fece questa è un’altra storia invece…

domenica 1 luglio 2018


13

Acquistato

Un giorno, ad Alberto venne in mette che doveva dare una svolta alla sua vita. Voleva fidanzarsi perché la compagnia degli amici era bella ma monotona: infine, sempre parlare di calcio, serie tv, scuola.

Cosi, entrò in un centro commerciale che conosceva bene per cercare di fare un primo approccio (non sapeva dove altro cercare).

Il primo posto dove volle andare fu la biblioteca. Pensò “Che bello sarebbe trovare una ragazza acculturata” e con gli occhi tutti sognanti vi si recò. Arrivato lì, vide una ragazza che noncurante del bon ton stava leggendo i libri senza acquistarli. Le si avvicinò per vedere cosa leggeva: tra le mani, la ragazza aveva il diario di Anna Frank.

La lettura gli piacque. Così, la guardò. Era graziosa. Aveva i classici colori mediterranei: occhi e capelli castani che incorniciavano un viso roseo. Le si avvicino e le disse:

“lettura interessante”

La ragazza rispose “si, molto interessante”. Poi, posò il libro e velocemente scappò via convinta che Alberto fosse un commesso del negozio.

Ma Alberto non si diede per vinto e pensò “se non trovo l’amore in un posto lo troverò in un altro”

Così, andò nel negozio dei cosmetici. Lì avrebbe sicuramente trovato una ragazza molto attenta al suo aspetto e non rimase deluso neanche stavolta. Vide una ragazza bellissima: capelli rossi lunghi e mossi, occhi verdi splendidi.

Le si avvicinò e le fece qualche complimento “sei bellissima truccata così” le disse. Aveva un colore di ombretto sugli occhi che faceva risaltare ancora di più quel verde e un rossetto rosso acceso che le rendeva luminoso anche l’incarnato.

Alberto la guardava ammirato come chi aveva visto un angelo del paradiso e si era imbambolato. Ed era tanto distratto che rovesciò uno stand con i trucchi che caddero addosso alla ragazza che si combinò come una tavolozza colorata. La ragazza, vedendo la sua immagine allo specchio, diede uno schiaffo ad Alberto e andò via su tutte le furie. Fece altri tentativi, ma andarono tutti male.

Alberto ormai aveva capito: quella non era giornata. Così, prese un cestino e si mise a fare la spesa. Comprò della verdura di stagione, poi andò alla cassa pagò e uscì.

Prima di tornare a casa, però, volle sedersi su di una panchina. C’era una ragazza accanto a lui, bella con dei capelli lunghissimi e ricci ma più grande di lui e che aveva un’aria triste. Alberto le domandò “che fai qui”?

“Aspetto mia sorella. E’ andata a fare la spesa, tornerà a momenti” rispose lei.

Anch’io sono in attesa pensò Alberto.

“ti va di ingannare l’attesa? Ti racconto una storia” Alberto si entusiasmava man mano la raccontava e quell’entusiasmo coinvolse la ragazza che con occhi brillanti alla fine del racconto prese fra le mani il viso di Alberto e lo baciò.

giovedì 28 giugno 2018

una mia nuova storia

La formica compositrice (la cicala e la formica la mia versione)

C’era una volta, in un formicaio, una famiglia di formiche composta da mamma, papà e tre figlie.

La giornata si svolgeva più o meno così:

facevano colazione tutti insieme con una mollichina di pane e poi andavano a raccogliere le mollichine di pane che sarebbero servite durante l’inverno per poi sistemarle nella loro casa. Un giorno, però, mentre raccoglieva le mollichine, Ica, così si chiamava la formichina più piccola, captò con le sue piccole antenne un suono, una melodia al pianoforte.

Tornata a casa, Ica iniziò a comporre la sua prima melodia utilizzando dei gusci di noci come tamburi e le sue antenne come bacchette. Aveva inventato pure le parole. La canzone che aveva composto era molto bella: molto estiva.

Ora, doveva trovare qualcuno che la cantasse. Così, andò dal passero che si trovava sull’albero lì accanto al formicaio e disse:

“signor passero, per favore, canterebbe la canzone che ho composto?”

Ma il passero rispose seccato:

“sono un cantante lirico io, non ho il tempo. Devo esercitarmi”

Così, per nulla scoraggiata, chiese al grillo. Ma lui rispose:

“io sono un cantante pop e le mie canzoni le scrivo da solo”

Così, la formica, mogia, mogia, si avviò verso casa. Nessuno avrebbe cantato la sua canzone. Ormai era rassegnata quando si sentì bussare alle spalle. Si girò e vide la cicala.

“ehi, ho sentito che hai composto una canzone, io sono un cantate rap, la vorrei vedere”

E fu così che la cicala e la formica cantarono insieme tutta l’estate.


mercoledì 27 giugno 2018

e' sempre mia cambierò il finale ;)


La sirena e il viaggiatore (rivedi)

C’era una volta, nel profondo degli abissi, una sirena con i capelli color del mare che sognava di diventare regina delle sirene. Un giorno, il padre mandò a chiamare lei e le sue sorelle per dire loro una cosa:

“una di voi diventerà regina delle sirene ma dovrà superare una prova. Dovrà riportarmi, per prima, la collana che vostra madre ha smarrito in mare anni fa”

“Va bene, padre” risposero le tre sorelle in coro e poi si diressero verso tre mari diversi. La sirenetta coi capelli color del mare, però, si perse e raggiuse l’oceano indiano. Nel frattempo, un giovane viaggiatore sognò, di notte, una medaglia d’argento che riportava il disegno di un quadrifoglio. Il giovane si mise in viaggio per trovare il ciondolo dei suoi sogni. Giunse, così, su una spiaggia dell’oceano indiano e iniziò a scavare. Scavò giorni e notti e infine lo trovò. La sirenetta con i capelli color del mare, che nuotava da quelle parti, si accorse che il viaggiatore aveva trovato la collana che anche lei cercava. Escogitò, quindi, un piano per prendere la collana al viaggiatore. Una mattina, la sirenetta si stese a prendere il sole su uno scoglio. Il viaggiatore si accorse di lei e si avvicinò per poterla vedere meglio. Lei gli diede un bacio ma, nello stesso momento, gli sfilò la medaglia d’argento dalla tasca e si gettò in mare. Dopo un po’, il viaggiatore se ne accorse ma non fu infelice del furto perché i suoi occhi avevano visto qualcosa di unico al mondo( e inoltre si divertì per l’astuzia).

sabato 23 giugno 2018


Il ragazzo ombra (Costanza Vecchione)

C’era una volta una bambina di nome Silvia. Giocava con gli altri bambini in giardino tra l’erba e i fiori. Mentre giocava vide un’ombra. Non le sembrò la sua anche se era piccola. Sembrava l’ombra di un bambino.

Ci giocava con quest’ombra un po’ particolare. Ma non la voleva mostrare a nessuno. Se ne vergognava ma quando era da sola se ne sentiva orgogliosa: era una particolarità unica.

Alle volte ballava con la sua ombra: sembrava avesse un cavaliere ma non lo aveva. O ancora quando si sentiva triste e vedeva quella strana ombra si rincuorava e sentiva in cuor suo di volerle un gran bene.

Una volta divenuta ragazza quest’ombra la proteggeva da ogni tipo di delusione: compresi i giudizi negativi.

Silvia, infatti, aveva un’anima delicata e nobile ma molto fragile e quell’ombra era come un ragazzo che la proteggeva sempre.

Un giorno, però, Silvia si recò al centro commerciale. Sentì una mano che le accarezzava i capelli bruni. Si girò d’improvviso per vedere chi l’aveva salutata ma notò solo la sua ombra: era un’ombra di ragazza.

Si allarmò: non c’era più il suo ragazzo ombra. Nessuno più l’avrebbe protetta. Stava per piangere ma non fece in tempo che vide tra i tanti volti del centro commerciale un ragazzo e lo riconobbe.

giovedì 21 giugno 2018


Cestinata ( di Costanza Vecchione)

Un giorno, Mirco iniziò a scrivere una storia al computer. Era entusiasta mentre la ideava, ne sceglieva ogni minimo dettaglio: i cavalieri, i draghi, i castelli. La terminò e sempre con lo stesso entusiasmo la faceva leggere ad amici e parenti.

Ma, i giudizi non furono dei migliori: la mamma gli disse: “E’ carina, ma…”, il papà: “Può andare, ma…”

Gli amici più cari: “Si, è bella, ma...”

C’era un ma di troppo, pensò Mirco con la faccia un po’ delusa e pensò di aprire il computer e di cestinarla. In fondo, quella storia l’avrebbe dimenticata.

Così, prese e la buttò nel cestino e andò a dormire.

Il giorno dopo Mirco aprì il pc e ritrovò la sua storia proprio nel posto dov’era prima. Quindi, la cestinò, daccapo, senza badarci e andò a scuola.

Dopo aver fatto i compiti, riaprì il pc per fare una partita a carte: un solitario. E la prima cosa che vide quale fu?

 Che la storia era ancora lì, nel suo solito posto: non se ne era andata. La cestinò ancora e ancora e, così, per altre cento volte e anche più.

Era nata una vera e propria disputa fra Mirco e la sua storiella cestinata… la storiella non voleva abbandonare il suo posto e Mirco la voleva solo cancellare.

Mirco poteva fare di tutto ma la storia era lì ogni volta che apriva il pc. Non si spostava di un millimetro. “E’ una storia proprio prepotente-pensò Mirco-non vuole essere cestinata” e la cestinò di nuovo e lei, di nuovo, tornò.

Infine, su tutte le furie, Mirco si decise a riaprire la storia. Magari, quella prepotente voleva solo essere riletta e mentre la rileggeva capì una cosa: il ma…

La sua storia era proprio banale ma… conteneva i suoi sogni

mercoledì 20 giugno 2018

una mia nuova storia


Cascata dalla torta

C’erano una volta due sposini di plastica messi su una torta nuziale. I due erano felici. Un giorno, la sposina cadde all’ultimo piano della torta, portata via da una folata di vento. La sposina, però, non si era rassegnata: voleva risalire per raggiungere nuovamente il suo sposo.

La scalata da fare era tanta: cinque piani di torta al cioccolato ricoperta di panna. A noi non sembrano niente, forse, ma per lei erano un’ardua scalata.

Così, iniziò a scalare il primo piano. Si rese conto che affondava come nelle sabbie mobili. L’unica cosa che reggeva erano i tacchi che sarebbero stati molto più utili se impiegati per scalare.

E fu per questo motivo che, arrivata al secondo piano, se li tolse e li prese tra le mani. Continuò, così, la scalata per il terzo piano che era più stretto del secondo e più cedevole: infatti crollò e fu così che la sposina perse un tacco e il velo.

Inizialmente, si spaventò molto della frana di panna del terzo piano e prese qualche sospiro di sollievo. Gli altri due piani erano molto, molto più stretti e per riuscire a scalarli doveva avere un vestito molto, molto più corto. Così, strappò il suo vestito da sposa: spezzati i ricami di plastica, la veste lunga diventò un vestitino corto.

La sposina si sentiva molto più leggera e libera. Avrebbe superato facilmente il quarto piano se non fosse stato per un cuoco che, non vedendo la sua eroica impresa, le rovesciò, per sbaglio, addosso una cascata di mirtilli e questi la fecero ruzzolare nuovamente al terzo piano.

Ora, però, aveva un nuovo velo, se così possiamo dire, fatto di panna e di mirtilli. I capelli erano sfatti e impiastricciati, la sposina piangeva per la fatica. Ma continuò e riuscì a scalare anche il quarto piano.

Era strettissimo il quarto piano e, quindi, non ebbe il tempo per riposarsi. Dovette continuare per il quinto: qui le si attaccarono ai piedi due roselline di ostia. Quindi arrivò in cima alla torta e rivide finalmente il suo sposino.

Aveva il cuore pieno di gioia e gli occhi di un azzurro plastica lucido: era troppo felice.

Il suo sposino la rivide e le corse incontro per darle un bacio sulla guancia. Ma poi, guardandola meglio, esclamò:

“Cara, il tuo velo, i tuoi tacchi, il tuo vestito e …. i tuoi capelli?”

La sposina lo guardò negli occhi: una strana luce adesso illuminava il suo volto e disse:

“Caro mi daresti un altro bacio?”

Lo sposo si avvicinò per darglielo ad occhi chiusi senza accorgersi che tutti e due erano sull’orlo della torta. La sposina si scansò e lo sposo cadde.

Mentre lo sposo cadeva, la sposina disse:

“Io sono sempre bellissima, ora vediamo come torni tu caro! ciao, ciao”

E, finalmente, la sposina si riposò.

martedì 19 giugno 2018


Un’amicizia eterna fra le stelle      

C’era una volta un ragazzo senza neanche un sogno: si, un ragazzo ventiduenne che aveva perso la magia negli occhi. Non credeva più in nessun sentimento. Veniva da una terra lontana e si sentiva uno straniero col cuore di ghiaccio. Così, il cielo gli mandò ben presto un dono: una dea nata dai raggi del sole con i capelli biondi lunghissimi e la pelle candida di pesca. La dea aveva una particolarità: un velo le copriva il viso.

Andava a trovarlo di sera quando il cielo era pieno di stelle e gli raccontava una storia per farlo addormentare: così gli scaldava il cuore.

Ma il ragazzo aveva il desiderio di guardarla in viso così, in una notte come tante, le tolse il velo dal volto in un gesto simile a quello che si fa con una sposa. Vide il viso più bello che avesse mai visto. Provò una gioia immensa: gli sembrò che il sole gli fosse entrato dentro il cuore. Ma, negli occhi cioccolato di lei lesse la sua fine: ella fuggì immediatamente senza dargli il tempo di spiegare. Sparì tra le stelle.

Il ragazzo, così, si trovò di nuovo da solo di notte. Inizialmente si disperò. Poi, capì che non l’avrebbe più rivista né, di certo, poteva tornare indietro. Decise, quindi, di fare l’unica cosa che poteva fare: scriverle delle storie, così, anche se i loro cuori erano lontani avrebbero potuto battere insieme anche solo per un istante come due strumenti che suonano la stessa melodia perché accomunati da uno stesso sogno.

Era una follia ma la dea seppe che tutte le sere lui le scriveva. Si commosse perché capì che quel gesto era un modo per evitare la malinconia della perdita. Così, una notte, mentre egli dormiva gli lasciò una penna color del sole e gli diede un bacio fra i capelli.

Quello era il suo modo per confermargli che gli voleva ancora bene😉.            

Di Costanza Vecchione